Caio Fabbricio, Venezia, Pasquali, 1744 (Caio Fabbrizio)

 ATTO TERZO
 
 Corridore che corrisponde a vari appartamenti.
 
 SCENA PRIMA
 
 TURIO e BIRCENNA
 
 TURIO
 Dalla fuga di Sestia e del suo amante
 tolta è a Pirro ogni speme
1055dell’ingiusto suo amor.
 BIRCENNA
                                            Parmi d’udirne
 i fremiti e le accuse.
 TURIO
 Pirro n’è ignaro; e a tutti,
 fuorché al padre di Sestia
 che così volle, il tacqui.
 BIRCENNA
                                            Ei che ne disse?
 TURIO
1060Parve turbarsi; mi lasciò; ma forse
 n’era lieto il suo cor.
 BIRCENNA
                                        Quanto ti deggio!
 TURIO
 L’onor di sì bell’opra,
 tutta di Turio sia l’alta mercede.
 BIRCENNA
 Basta sì poco a lui? Non sì modesto
1065poc’anzi era il suo affetto.
 TURIO
 I voli dell’amor frena il rispetto.
 BIRCENNA
 Non mi creder sì ingrata.
 Amor vuoi da Glaucilla? Amor ne avrai.
 TURIO
 Eh, tanto ben per Turio
1070non è. Per meritarti,
 fora appena bastante
 l’offerta di più regni; ed il mio amore
 a poterti offerir non ha che un core.
 BIRCENNA
 Che dir vorrai?
 TURIO
                               Ciò che ne dicon tutti.
1075Gli audaci voti omai correggo e meglio
 comincio ad onorar la mia regina.
 BIRCENNA
 Tal sono, è vero. Alla tua fede, o Turio,
 il negarmi qual son sarebbe oltraggio.
 TURIO
 Ma troppo intanto divampar la fiamma
1080fer le dolci speranze, or sì infelici.
 BIRCENNA
 Sia in conforto al tuo duol che avrai costante
 il favor di Bircenna e di Glaucilla
 l’imeneo...
 TURIO
                       Di Glaucilla?
 BIRCENNA
 Sì, tra le ancelle mie la più diletta.
1085Beltà le ride in volto; e s’ampia dote
 chiedi o se nobil cuna,
 essa l’ha da retaggio e da fortuna.
 TURIO
 
    Sarà vezzosa e bella,
 mille avrà pregi e mille;
1090ma non sarà mai quella,
 quella che tanto amai.
 
    Voi chiome e voi pupille,
 d’amor facella e rete,
 sole ostentar potete
1095a imprigionarmi i lacci,
 a incenerirmi i rai.
 
 SCENA II
 
 PIRRO e BIRCENNA
 
 PIRRO
 Principessa, egli è tempo
 che s’intendano meglio i nostri cori.
 Obblio le andate offese e dell’illustre
1100figlia di Glaucia onor già rendo al grado.
 BIRCENNA
 Perché non dir più tosto,
 rendo al dover la fede? E poscia anch’io
 onte e spergiuri obblio. Non vuol decoro,
 non ragion, non amor ch’io rifiutata
1105torni al regno ed al padre.
 PIRRO
 Nel tuo giusto dolor veggo il mio torto.
 Ma che far posso? Fu sorpreso il core
 e Sestia ti prevenne.
 BIRCENNA
 La viltà dell’oggetto
1110dovea farti arrossir.
 PIRRO
                                       Se co’ miei lumi
 lo potessi mirar, vil nol diresti.
 BIRCENNA
 Qual mercé ne ottenesti? Ire e disprezzi.
 PIRRO
 Crescerà per contrasto il mio trionfo.
 BIRCENNA
 Sestia è ognor tua nimica.
 PIRRO
1115Ed è mia schiava ancor.
 BIRCENNA
                                              Tua schiava? Eh, Pirro,
 l’armi tue vincitrici
 s’affrettino a cercarla entro di Roma.
 PIRRO
 Che dici?
 BIRCENNA
                     Ella col caro
 suo Volusio è fuggita.
 PIRRO
                                          O dei! L’ingrata?...
 BIRCENNA
1120Chi dato abbia a colei mano e consiglio
 nol cercar che in Bircenna.
 Re d’Epiro, fintanto
 che spergiuro m’offendi,
 dall’ire mie sicura
1125la tua vita e il tuo amor non sarà mai.
 Ma se ragion mi fai,
 non potresti trovar regina e sposa
 né di me più fedel né più amorosa.
 
    Cessa di più oltraggiarmi;
1130rendimi fede e amor;
 e il tenero mio cor
 tutto vedrai languir per te, mio sposo.
 
    Ma se ricusi amarmi,
 non sempre il mio furor
1135invano ferirà;
 io non avrò pietà né tu riposo.
 
 SCENA III
 
 PIRRO e poi CINEA
 
 PIRRO
 E fuggirmi poté? Poté tradirmi
 l’iniqua?... A che qui perdo
 i rimproveri e l’ire? Olà, custodi,
1140dietro l’indegna coppia...
 CINEA
                                                Il tuo prevenni
 regio voler. Per ogni parte intorno
 scorron legni e soldati.
 PIRRO
 Ah! Cinea, tal perfidia
 creduta avresti? I doni miei l’ingrata
1145in mio danno ha rivolti. Ella è fuggita.
 CINEA
 La figlia accusi e non condanni il padre?
 PIRRO
 Come?
 CINEA
                 Anch’egli a gran passi
 va sull’orme di lei.
 PIRRO
                                     Fabbrizio ancora
 fuggir? Perché? Qui nol rendean sicuro
1150la ragion delle genti? Il grado? E Pirro?
 Or va’; m’ostenta la virtù romana.
 Volusio ordisce inganni;
 Sestia manca alla fede
 e Fabbrizio a sé stesso, a Roma, a Pirro.
 
 SCENA IV
 
 FABBRIZIO, SESTIA e i suddetti
 
 FABBRIZIO
1155Né a te né a Roma né a sé stesso ei manca.
 Eccoti in Sestia, o Pirro,
 la mal fuggita figlia.
 Torni la sconsigliata a quella sorte
 che la fe’ tua cattiva.
1160Tu di ferree ritorte
 il piè non le aggravasti; e in sua custodia
 ti bastò la sua fede.
 Se ne abusò. Degna è di pena; e l’abbia.
 Ceppi, carcere e quanto
1165di ragion sovra lei l’armi ti danno,
 non risparmiar. Lo soffrirà la figlia
 e cor faralle il padre.
 Ma il confine sia questo
 del tuo poter. Quel che di più volesse
1170esigerne la forza è contra il giusto,
 contra il dover. Pur s’uopo il chiegga, il sappi,
 Sestia, che ha roman petto e ch’è mia figlia,
 fra morte e disonor non si consiglia.
 PIRRO
 Generoso Fabbrizio, or ben m’avveggio...
 FABBRIZIO
1175Oprando con virtù, lodi non chieggio.
 
    Quella è mia figlia; e il mio (A Pirro)
 sangue rispetta in lei.
 Tuo genitor son io, (A Sestia)
 sai quel che devi a me.
 
1180   Spegnere un pravo ardore (A Pirro)
 sia la tua gloria, o re.
 Ma ciò che esiga onore (A Sestia)
 io non rammento a te.
 
 SCENA V
 
 CINEA, PIRRO e SESTIA
 
 CINEA
 In sì funesto amor che più ostinarti? (A Pirro)
 PIRRO
1185Non anco ei giunge a disperar. Deh, parti. (A Cinea che si parte)
 SESTIA
 (Poiché lunge è il mio ben, nulla si tema).
 PIRRO
 Sestia, ad esser ritorni
 mia prigioniera. Nol temevi e lieta
 col tuo Volusio t’affrettavi al Tebro,
1190in tuo cor numerando
 tra’ gaudi tuoi l’onte di Pirro e l’ire;
 ma t’ingannasti. Or qual discolpa, ingrata,
 da quella fuga avrai che t’hanno aperta
 solo i miei benefizi?
 SESTIA
1195Re, lo dirò. Cotesti
 tuoi benefizi mi serviano appunto
 di più cruccio e terror che i ceppi e i mali,
 onde aggravar del mio servaggio il peso
 potevi. Io ti vedea per desir vano
1200perderti ciecamente;
 e più che al proprio scampo,
 provvidi alla tua gloria.
 PIRRO
 Eh, tanto la mia gloria
 non t’era a cor. L’amante,
1205che al tuo fianco trovai, l’amore, il rischio
 di lui t’hanno sedotta; e in fuggir seco,
 a Volusio servisti e non a Pirro.
 SESTIA
 Più che non pensi, a te servii. Già posso,
 or che Volusio è salvo, osare e dirti
1210ciò che tratto dal cor mai non m’avrebbe
 né minaccia né pena.
 La morte, a cui ti tolse
 nella pugna il suo error, qui dal suo braccio
 non avresti sfuggita. Io lo ritenni;
1215né potendo al tuo amor render amore,
 t’usai pietà, per non parerti ingrata.
 Ciò ch’ei fece in tuo pro, Pirro, il vedesti;
 ciò che ancora in tuo danno
 ei potesse tentar, Sestia il sapea.
1220Egualmente io temea
 per te, per lui. Gli consigliai la fuga.
 Ma gran ben non gli parve uscir di rischio
 senza me. Vinse amor; vinse pietade.
 S’errai, caro è l’error. L’austero padre
1225rea mi rende a’ tuoi ceppi;
 ma Volusio ei mi salva, in cui ragione
 non avean l’armi tue. Questo a me basta.
 Non son nel peggior fato; e mi consola
 che, costretta a soffrir, soffrirò sola.
 PIRRO
1230Sola ancora...
 
 SCENA VI
 
 CINEA, poi VOLUSIO disarmato, in abito di romano con guardie, e i sopraddetti
 
 CINEA
                           Signor, quanto oggi devi
 a’ tuoi stessi nimici!
 Volusio è tuo prigion.
 PIRRO
                                          Volusio?
 SESTIA
                                                            O dei!
 CINEA
 Nelle regie tue stanze
 da’ custodi sorpreso...
 PIRRO
1235Sestia, gli dei son giusti.
 SESTIA
 Sfortunato amor mio! Che fei? Che dissi? (Volusio viene fra guardie)
 CINEA
 Vedil.
 PIRRO
               Minaccia il volto e inerme è il braccio.
 SESTIA
 Per timor d’irritar, m’arretro e taccio. (Si ritira in disparte)
 PIRRO
 Misero, qual sei tu?
 VOLUSIO
                                       Romano, o Pirro.
 PIRRO
1240Qual ti appelli?
 VOLUSIO
                               Ha il mio nome
 di che farti tremar. Megacle uccisi.
 PIRRO
 Te altre volte in aspetto
 di macedone io vidi.
 VOLUSIO
 Ora in quel di romano
1245e ognor di tuo nimico.
 PIRRO
 Con quale idea?
 SESTIA
                                 (Mi fa tremar).
 VOLUSIO
                                                               Non rendo
 ragion di me che a Roma.
 PIRRO
 Ti faranno parlar ruote e flagelli.
 VOLUSIO
 Chi petto ha per morir, l’ha per tacere.
 PIRRO
1250Sestia disse le trame. A che le taci?
 VOLUSIO
 Perché chieder a me ciò che già sai?
 PIRRO
 A uccidermi venisti.
 VOLUSIO
                                        E ti salvai.
 PIRRO
 Se il ciel non confondea gli empi disegni,
 destinavi al tuo ferro
1255l’onor della mia morte.
 VOLUSIO
 Tor del mondo i tiranni atto è da forte.
 SESTIA
 (Ardir che mi spaventa!)
 PIRRO
 O d’anima romana eccelso pregio
 cercar da un tradimento i suoi trionfi!
 VOLUSIO
1260Gli cercai nel conflitto; e grazie rendi
 alla mano che errò
 e che poi ti salvò, se in vita or sei.
 CINEA
 In custodia de’ re veglian gli dei.
 PIRRO
 Tu mi rinfacci una pietà non tua.
 VOLUSIO
1265Questo è il sol mio dolore
 che il nimico di Roma
 e di Sestia il tiranno in te ancor viva.
 PIRRO
 A me Sestia rammenti? Ella ti perde.
 SESTIA
 (Questo ancora in mia pena!)
 VOLUSIO
1270Tua morte io ritardai. Tu la mia affretta.
 Verrà l’odio di Sestia in mia vendetta.
 PIRRO
 Toglietelo al mio aspetto.
 Per la mia tolleranza
 gli si accresce furor.
 VOLUSIO
                                       Dillo costanza.
 
1275   Tre gran beni avrò da morte
 in mia pace e in tuo dolore;
 
    i miei dì chiuder da forte
 e lasciar in Sestia un core
 che per te sia tutto sdegno
1280e per me sia tutto amore. (Si parte con guardie)
 
 SCENA VII
 
 PIRRO, SESTIA e CINEA
 
 PIRRO
 Morte e pena, sì, avrai che degna sia
 della tua audacia e dell’offesa mia.
 SESTIA
 (Misera me!)
 PIRRO
                            Troppo il tuo duol sofferse,
 Sestia, ti lascio in libertà di pianto.
1285Andiam, Cinea.
 CINEA
                                Son teco.
 PIRRO
 Supplice a me verrà. (Piano a Cinea)
 CINEA
                                          Né pur d’un guardo
 ne degna.
 SESTIA
                     (Che farò?)
 PIRRO
                                             Che cor protervo! (Piano a Cinea)
 Vana pietà qui più m’arresta. Andiamo. (A Cinea)
 SESTIA
 Oimè! Dove, o signor? Che far pretendi?
 PIRRO
1290A dar morte all’iniquo.
 SESTIA
 L’odio di Sestia avrai.
 PIRRO
 L’amor non meritai. L’odio non curo.
 SESTIA
 Movati il mio dolor.
 PIRRO
                                       Del mio ti calse?
 SESTIA
 Deh! Se vuoi che al tuo piè... (Volendo proseguire, vede Fabbrizio che la riguarda e le fa cenno)
 PIRRO
                                                       Cinea, tel dissi (Piano a Cinea)
1295che supplice verria.
 CINEA
                                       Sta ancor pensosa. (Piano a Pirro)
 SESTIA
 (L’amor mi sprona. Mi spaventa il padre.
 Sestia, che ha roman petto e ch’è sua figlia,
 avvilirsi non dee... Ma il mio Volusio?... (Guarda di nuovo il padre. Pirro e Cinea parlano sommesso)
 Vani saranno i preghi.
1300Si vorrà di sua vita
 che sia prezzo il mio amor).
 PIRRO
                                                     (Non viene ancora?)
 SESTIA
 Va’ pur. Volusio e con lui Sestia mora. (A Pirro risoluta. Pirro guarda Cinea. Fabbrizio fa applauso a Sestia. Sestia sta di nuovo pensosa)
 PIRRO
 
    Alma crudele,
 senza pietà,
1305quel sì fedele
 tuo caro amante,
 sì, morte avrà.
 
    E nell’estremo
 de’ suoi sospiri,
1310sai che dirà?
 Non che il conquide
 la mia giust’ira
 ma che l’uccide
 tua crudeltà.
 
 SCENA VIII
 
 SESTIA e FABBRIZIO
 
 SESTIA
1315Barbaro sacrifizio
 alla fede e al dover!
 FABBRIZIO
                                      Figlia, in soccorso
 venni alla tua costanza
 e ne fui testimon. Con qual mia gioia,
 questo amplesso tel dica.
 SESTIA
                                                Ah! Questo, o padre,
1320ch’io ricevo da te, sarà l’estremo.
 FABBRIZIO
 Giovane incauto! Io ’l salvo. È mio comando
 che alla patria ritorni
 e a me fidi il pensier della tua sorte;
 e si perde egli stesso e vien qui a morte.
 SESTIA
1325Tratto da quell’amor che non ha legge.
 Io feci il suo periglio. Ah! Sua difesa
 sii tu. Placagli il re. Padre, tu ’l puoi.
 FABBRIZIO
 Ciò ch’io possa non so; ma poco onore
 fora il mio, spettatore
1330starmi ozioso e vano
 sul rischio suo, non perché ei sia tuo sposo
 ma perché in lui v’è il cittadin romano.
 SESTIA
 
    Vita mi desti e sposo;
 serbami i cari doni.
1335Padre, se m’abbandoni,
 padre non sarai più.
 
    Temi il mio fier dolore.
 A petto del mio amore,
 poco sperar ti lasci
1340la debil mia virtù. (Si parte)
 
 FABBRIZIO
 Che non fa amor paterno? Odami Pirro. (Si parte)
 
 Gabinetto di Pirro con tavolino da scrivere. Una porta nel mezzo e un’altra laterale.
 
 SCENA IX
 
 CINEA e PIRRO
 
 CINEA
 Qual pro dalla sua morte?
 PIRRO
 Perderò un fier nimico;
 punirò un’alma ingrata.
 CINEA
1345Fora miglior consiglio usar clemenza.
 PIRRO
 Sestia non la implorò. Dall’esser chieste
 le grazie de’ regnanti acquistan pregio.
 Va’, Cinea. Sotto l’armi
 l’esercito disponi. Il campo tutto
1350vegga qual si gastighi
 chi alla vita d’un re tenta gl’insulti.
 CINEA
 Ma, signor...
 PIRRO
                          Va’. Ubbidisci.
 Il facondo tuo dir, cui più conquiste
 deggio che all’armi mie, fra’ suoi trionfi
1355non conterà quel del mio sdegno. Io voglio
 che tremino una volta odio ed orgoglio. (Va a sedere al tavolino. Lo ascolta alquanto e poi scrive)
 CINEA
 
    Scrivi. Lo vuol vendetta.
 Scrivi la ria sentenza.
 Sdegno la detta; e poi?
1360Dolor succederà.
 
    L’alma tornando in calma,
 de’ ciechi sdegni suoi
 seco si sdegnerà. (In questo viene il capitano delle guardie di Pirro a parlargli all’orecchio e poi al cenno di Pirro si parte)
 
 SCENA X
 
 PIRRO e poi FABBRIZIO
 
 PIRRO
 Il romano orator? Venga. (Si leva) Ei vien forse
1365a pregar per Volusio.
 Nulla otterrà.
 FABBRIZIO
                            Re, per suo fato avverso
 o per folle consiglio,
 Volusio è in tuo poter. Sia che ti giovi
 crederlo delinquente o reo tel mostri
1370un certo audace giovanil trasporto,
 non aspettar che in suo favor m’adopri.
 S’ei n’è degno, abbia morte. Iniquo è al pari
 chi protegge le colpe e chi le assolve.
 Ma tu per esser giusto,
1375devi pria bilanciar demerto e pena;
 e non lasciar che da privato affetto
 peso a’ falli s’aggiunga e ne’ gastighi,
 più che severità, sdegno abbia parte.
 PIRRO
 Da molt’anni, o Fabbrizio,
1380sopra popoli ho scettro;
 e del regnar so le virtù e i doveri.
 FABBRIZIO
 Questa rendon giustizia
 più popoli al tuo nome ed io con loro.
 Ma l’amor proprio in certi casi un velo
1385ne distende sugli occhi
 che discerner gli oggetti
 non ne lascia quai sien.
 PIRRO
                                             Come? Volusio
 qui non venne a tentar, fino in mia stanza,
 l’eccidio mio? La sola idea, ch’ei n’ebbe,
1390lieve colpa a te sembra? A tali eccessi
 pena s’indugerà, per dar poi tempo
 che a maturezza iniquità li tragga?
 Eh, punir lui m’è forza
 o lasciar l’esser re.
 FABBRIZIO
                                    Dall’altrui rabbia
1395pur tua vita ei difese.
 PIRRO
 Per privarmene ei stesso.
 Ei nol seppe negar; né Sestia il tacque.
 FABBRIZIO
 E ben. Soffra il supplizio
 del mal ch’ei non ti fece;
1400e del ben, che ti fece, obblio ti prenda.
 Ah! Pirro, se in Volusio
 non trovassi il rival...
 PIRRO
                                         Basta. T’intendo.
 Il geloso amor mio fa che in Volusio
 il nimico mi finga e l’assassino.
1405Ricadrà in mia vergogna
 la già data sentenza. Orsù, da questa
 macchia il mio onor si terga.
 Si laceri il reo foglio; e tu che solo (Straccia la sentenza)
 la grand’alma spogliar puoi d’ogni affetto,
1410giudica tu Volusio. Io tel rimetto.
 FABBRIZIO
 Io giudice di lui?
 PIRRO
                                  Sì. Tu di Pirro
 sostien le veci. D’un roman sul fato,
 un romano decida.
 Ma giudicando rammentar ti dei
1415che il re d’Epiro e non Fabbrizio or sei.
 
 SCENA XI
 
 FABBRIZIO
 
 FABBRIZIO
 Dura necessità ch’esser io deggia
 giudice di Volusio!
 Di lui che già m’elessi
 in genero, anzi in figlio. E chi a tal legge
1420può costrignermi?... Chi?... Forse al protervo
 fato, che il preme, esimerò il suo capo,
 se il giudizio ricuso?
 Anzi più affanno a lui, più scorno a Roma
 fia che un barbaro re sotto la scure
1425mandi un capo romano
 in figura di reo. No, non fia vero.
 L’onta è comune. Mi dimandan questo
 sacrifizio funesto e patria e onore.
 Il farò. Pirro il vegga.
1430Di romana fortezza armati, o core.
 
 SCENA XII
 
 SESTIA e FABBRIZIO
 
 SESTIA
 Grazie agli dei, grazie al buon padre. Il cielo
 m’ebbe pietà. Tu dal furor di Pirro
 m’hai Volusio protetto.
 FABBRIZIO
                                             Onde il sapesti?
 SESTIA
 Or or da Pirro istesso.
 FABBRIZIO
1435Che disse?
 SESTIA
                       Al genitore
 chiedi il tuo sposo. Ei ne ha l’arbitrio.
 FABBRIZIO
                                                                      Ah! Figlia.
 SESTIA
 Che? Tu sospiri? Il re m’avria delusa?
 FABBRIZIO
 Purtroppo è ver. Da me il destin ne pende.
 SESTIA
 E pena l’amor tuo, quando mel rende?
1440Tu suocero di lui, tu padre mio...
 FABBRIZIO
 Giudice di Volusio ora son io.
 SESTIA
 Giudice suo, potresti?...
 FABBRIZIO
 Condannarlo, s’è reo.
 SESTIA
                                         Deh! Qual dal labbro
 t’uscì barbara voce!
1445Che mai fece il meschin? Qui non si tratta
 di perfide congiure
 o di sprezzate leggi o di negletta
 militar disciplina. Il sol suo fallo
 è aver pensato e non tentato un colpo,
1450per cui gli si dovria da te e da Roma
 premio, non che perdono.
 FABBRIZIO
 Risponderti per Roma
 potrei; ma Pirro e non Fabbrizio or sono.
 SESTIA
 Morrà dunque il mio sposo?
 FABBRIZIO
1455Sì, se giusto sarà.
 
 SCENA XIII
 
 VOLUSIO e i sopraddetti
 
 VOLUSIO
                                   Né ingiusta fia,
 te giudice, o signor, la morte mia.
 FABBRIZIO
 Volusio.
 SESTIA
                  O dei! Volusio...
 VOLUSIO
 Signor che le altrui veci
 qui adempi a giudicarmi,
1460quanto già mi risparmi
 di orror! Veduto in Pirro
 un tiranno qui avrei,
 di tutti gli odi miei barbaro oggetto;
 ma poiché man sì cara
1465dee segnarne il decreto,
 col più placido core e col più forte,
 incontrar mi vedrai supplizio e morte.
 FABBRIZIO
 Morte e supplizio a te verrà ma allora
 che dal giudice tuo sarai convinto.
 VOLUSIO
1470Lo so; il delitto, onde accusato io sono,
 sta nell’aver voluto uccider Pirro.
 FABBRIZIO
 Nel conflitto era gloria e qui era colpa.
 VOLUSIO
 E qui...
 FABBRIZIO
                 Volusio, or pensa
 che il giudice di Pirro in me t’ascolta.
 VOLUSIO
1475M’ascolti e mi condanni.
 SESTIA
                                               Ah! No. Se m’ami,
 abbi di Sestia, abbi di te pietade.
 Giustifica te stesso. Arte supplisca,
 ove manchi ragion...
 VOLUSIO
                                        Che? Mi vorresti
 vile così? Tu ancor n’avresti orrore.
1480Tolga il cielo, o signore,
 ch’io per tema di pena il ver t’asconda.
 Volli uccidere in Pirro
 il nimico e il rival. Due faci all’ira
 Roma e Sestia accendea.
1485Il colpo, che impedii, non mi discolpi
 da quello che non feci
 e che, s’ora potessi, io pur farei.
 Per la patria e per te morendo, o sposa,
 non mi posso pentir degli odi miei.
 FABBRIZIO
1490Figlia, dal tuo Volusio
 prendi l’ultimo addio.
 SESTIA
                                           L’ultimo? Ah! Padre.
 FABBRIZIO
 E lagrime e querele
 con me risparmiar puoi.
 E se al dolor non sai far petto, altrove
1495sul destino di lui piangi, se vuoi.
 SESTIA
 Misero! Oh! Pirro ancora
 fosse il giudice tuo! Potrei sperarlo
 inesorabil meno;
 o qualche sfogo almeno
1500potrei dare al mio affanno,
 la fierezza accusando
 del carnefice tuo, del tuo tiranno.
 FABBRIZIO
 Sestia... (Fiero)
 SESTIA
                   Oimè! Ne’ trasporti
 del mio dolor perdo ragion. Perdessi
1505così anche vita. Padre,
 tutto usa il tuo rigor. Mal lo dividi.
 Me ancor condanna, se Volusio uccidi.
 VOLUSIO
 Cara Sestia, a’ lamenti
 pon freno. In pace soffri
1510la morte mia. Non accusarne il padre.
 Incolpane il mio fato.
 SESTIA
 E fato e sposo e Pirro e Roma e padre,
 tutto iniquo è per me, tutto spietato.
 FABBRIZIO
 Non più. Già mi facesti
1515abbastanza arrossir de’ tuoi sospiri.
 I tuoi ciechi desiri, onde vorresti
 e me ingiusto e lui vil, dal core esiglia.
 Vanne e sii meno amante o sii più figlia.
 SESTIA
 
    Che barbara sorte!
1520Lo sposo va a morte;
 il padre il condanna,
 che sorte tiranna!
 E ancor mi si vieta
 lo sfogo al martir.
 
1525   No, padre, no, sposo.
 Puoi tu troppo austero,
 tu troppo pietoso,
 vietarmi il lagnarmi;
 ma tormi non puoi
1530l’amar e il morir.
 
 SCENA XIV
 
 FABBRIZIO e VOLUSIO
 
 FABBRIZIO
 Qualche all’amor, qualche fiacchezza al sesso
 dee perdonarsi.
 VOLUSIO
                                Qual da Pirro schermo
 resterà all’infelice?
 FABBRIZIO
 Il tuo esempio e il suo amore.
1535Non temer.
 VOLUSIO
                        Si consoli
 della perdita mia.
 FABBRIZIO
                                    Cara a lei sempre
 sarà la tua memoria.
 VOLUSIO
                                         Abbia per Pirro
 odio al pari del mio.
 FABBRIZIO
                                        L’avrà qual deve
 al nimico di Roma.
 VOLUSIO
1540E tu in Roma difendi
 la gloria mia.
 FABBRIZIO
                           Sapranno
 e consoli e tribuni
 che da forte cadesti e con la lode
 de’ tuoi stessi nimici.
1545Volusio, addio. Più che di Sestia il duolo,
 mi strigne il cor la tua virtù. Te questa
 accompagni alla tomba e fra’ tuoi vanti
 allora avrai sin di Fabbrizio i pianti.
 
 SCENA XV
 
 VOLUSIO
 
 VOLUSIO
 Vivrà in Sestia il mio amor. Vivrà ne’ fasti
1550de’ romani trofei la mia memoria.
 Che più bramar? Bello è il morir con gloria.
 
    Tra l’onore e tra l’amore
 si divida quel respiro,
 in cui l’alma scioglierò.
 
1555   Diami Roma un sol sospiro,
 una lagrima il mio bene;
 e contento allor morrò.
 
 Campo attendato di Pirro.
 
 SCENA XVI
 
 PIRRO e CINEA; seguito di capitani e di soldati macedoni
 
 CINEA
 La sentenza è già data.
 PIRRO
                                            E nulla il mosse
 la sua amistà? Nulla di Sestia il pianto?
 CINEA
1560Pregio è d’alma romana all’equitade
 sacrificar figli, congiunti, amici.
 PIRRO
 Come? In Fabbrizio il fier decreto è giusto?
 Ed ingiusto era in Pirro?
 Non l’intendo, o Cinea.
 CINEA
                                             V’è gran divario,
1565sire, tra il dar consiglio e il porlo in opra.
 Spesso s’insinua come onesto e retto
 ciò che in sé si conosce iniquo e torto.
 PIRRO
 Taci; e lui vedi in suo pensier raccolto.
 CINEA
 Del tranquillo suo cor fa fede il volto.
 
 SCENA XVII
 
 FABBRIZIO con seguito di romani, poi TURIO e i suddetti
 
 FABBRIZIO
1570Nel da me condannato
 Volusio, o Pirro, il tuo giudizio assolvo.
 Nulla in ciò più mi resta
 d’arbitrio. In lui t’aggrada
 far la pena eseguir? Giusto sarai.
1575Rivocarla? Pietoso.
 Tra giustizia e clemenza,
 segui quel calle, ove il gran cor ti chiama.
 Da lunge a me la fama
 ne perverrà.
 PIRRO
                          Che? Tu partir? Si rende
1580qui al tuo merto ogni onor.
 FABBRIZIO
                                                   Roma mi attende.
 A lei tacerò Sestia;
 Volusio tacerò. Dirò che Pirro
 a difender si ostina
 Tarentini e Sanniti; a’ prigionieri
1585nega cambio e riscatto; e che a lui piace
 ingiusta guerra più che onesta pace.
 PIRRO
 Oh! S’uom sì grande ognor potessi al fianco...
 FABBRIZIO
 Qual io mi sia, tu non conosci appieno. (Fabbrizio prende in mano una carta)
 CINEA
 Che fia?
 FABBRIZIO
                   Non di nimici e non d’amici
1590sei buon giudice, o re. T’inganni in tutti.
 Leggi e vedrai che a torto (La dà a Pirro)
 fai guerra a’ buoni e ne’ malvagi hai fede.
 Né pensar già che amor di te mi spinga
 l’empie trame a svelarti. (Vien Turio col suo seguito)
1595Quel vero amor, che in nobil petto alligna,
 da me l’esige. Onta farebbe a Roma
 saper le insidie e te soffrirne oppresso;
 e crederia la terra
 che, dando braccio a iniquità sì enormi,
1600ne mancasse valor per farti guerra.
 PIRRO
 O perfidia! O virtù! Vil Turio! Ingrato (Dopo aver letto)
 popolo!
 TURIO
                 (Ah! Siam traditi).
 PIRRO
 Cinea, si vuol della mia morte in prezzo
 l’amicizia di Roma. A me s’appresta,
1605in mercé di perigli e di sudori,
 letal bevanda. Inorridisci; e leggi. (Dà la carta a Cinea)
 TURIO
 (O Ciel!)
 FABBRIZIO
                    Fé non si serba a’ traditori. (Verso Turio)
 PIRRO
 Se in mio favor fai tanto,
 nimico ancor, che mai faresti amico!
 FABBRIZIO
1610L’onesto oprar di chi ben opra è il fine.
 CINEA
 Mio re, sia tempo omai che generoso...
 PIRRO
 A me Sestia e Volusio. (Alle guardie)
 Sforzo ah quanto funesto al mio riposo!
 
 SCENA ULTIMA
 
 SESTIA, VOLUSIO, poi BIRCENNA e i suddetti
 
 SESTIA
 Teco morir vo’ anch’io. (A Volusio)
 VOLUSIO
1615Sestia crudel! Sì mi consoli?
 SESTIA
                                                      O dio!
 PIRRO
 Per resister a Roma
 e per vincerla ancor petto ho che basta
 e forze ancor. Sol tua virtù m’ha vinto.
 Riedi invitto al tuo Lazio.
1620Te seguano giulivi
 i romani cattivi; a te gli rendo;
 te Volusio già assolto, a te lo dono.
 E Sestia, a me ancor cara... Ah! Dir nol posso
 che non ne frema il core,
1625col suo amante fedel segua il buon padre
 e obblii di Pirro l’infelice amore.
 VOLUSIO
 In un barbaro re spirti sì eccelsi?
 SESTIA
 Che gioia inaspettata!
 PIRRO
 Se mia gloria il soffrisse,
1630darei pace anche a Roma.
 Non che più di costoro
 siami a cor la difesa; io gli abbandono
 alla loro viltade e al lor rimorso;
 ma trar d’Italia il piede e dalle tempie
1635strapparmi io stesso i già raccolti allori,
 parria viltà. Guerra con Roma io voglio,
 guerra d’onor, non d’odio; e un dì m’accolga
 vincitore o anche vinto il Campidoglio.
 FABBRIZIO
 Gran re, non da’ trofei che ti dier l’armi
1640ma da quei che or ti dà l’anima eccelsa,
 Roma conoscerà che mai non ebbe
 più dubbio Marte a sostener. Volusio,
 Sestia, i cattivi, io più di tutti, al Tebro
 spargerem le tue lodi
1645e l’armi appresterem. Ma credi, o Pirro,
 che, assai più che da guerra e da vittoria,
 vien da pace a un buon re grandezza e gloria.
 BIRCENNA
 E nel comun contento io sola, io sola
 rimarrò desolata?
 PIRRO
1650No, principessa. Attendi
 che meglio spente sien del primo incendio
 le ancor fervide vampe.
 Sol nell’alme incostanti
 un amor l’altro incalza. Il mio vuol tempo.
 BIRCENNA
1655L’abbia. Ne son contenta.
 Ma la mia fede e il tuo dover rammenta.
 CORO
 
    La gloria è un gran bene.
 La brama ogni cor.
 
 PIRRO
 
    Di lei si compiace
1660chi in campo guerriero...
 
 FABBRIZIO
 
 Chi in grembo di pace.
 
 BIRCENNA
 
 Dal regno io la spero.
 
 SESTIA, VOLUSIO
 
 Io l’ho nel tuo amore.
 
 Il fine del dramma
 
 
 LICENZA
 
 Regno, amor, guerra, pace e gli altri pregi,
1665per cui gloria s’ottien, di più grandi alme
 son l’oggetto e il piacer. Qual va per uno
 titolo, qual per altro illustre e chiaro;
 ma tu sorgi per tutti,
 nome d’immortal fama, augusto Carlo;
1670e come un sol trofeo formano insieme,
 raccolte e sovraposte, armi e vessilli,
 così in sola tua gloria
 alzano eterno monumento i regni
 ereditati e i vinti
1675e del pubblico amor gli ossequi e i voti
 e i bellici trionfi e la costante
 pace che doni e che difendi. Accenno
 i tuoi vanti, o signor; ma di chi m’ode,
 meglio l’idea gl’intende
1680né lor fa torto la mia scarsa lode.
 Così in picciola tela,
 ove sia circonscritto il mondo intero,
 l’ampia mole di lui l’occhio non vede
 ma l’intelletto ne comprende il vero.
 
1685   Sudi l’arte; e qual formarti
 statua può? Qual arco alzarti,
 ove ingegno ed opra arrivi
 i tuoi vanti a pareggiar?
 
    Ma se impresso
1690resti quivi il nome augusto,
 si dirà ch’ei sol sé stesso
 è bastante a celebrar.